Punti di vista, II

Difficile immaginare che cosa può succedere sotto un comune marciapiede…
Il fascino di questa scena è dovuto al suo aspetto paradossale: sappiamo che deve essere semplicemente dipinta sul marciapiede, ma al tempo stesso siamo sopraffatti dalla sensazione che si estenda nella terza dimensione.
Illusioni ottiche di questo tipo, dette anamorfosi, vengono ottenute proiettando sul piano un’immagine distorta in modo tale che il soggetto originale sia riconoscibile solamente guardando l’immagine da una certa angolazione. Da quel punto di vista, la deformazione scompare e lascia posto a una scena perfettamente proporzionata. Se Il soggetto originale è tridimensionale, l’osservatore percepirà la figura come tridimensionale. Qui la macchina fotografica è collocata nell’unica posizione strategica; quello che vedono i passanti ignari non è altrettanto emozionante.

DOVE NEL LIBRO: Che cosa ci permette di distinguere una scena piatta da una tridimensionale? La ragione per cui disegni e fotografie appaiono piatti non è che sono piatti, ci mancherebbe. La risposta è nella sezione 6.3.5 (capitolo 6, Come vediamo la profondità). Nell’immagine, notate anche l’integrazione praticamente perfetta tra mondo reale e mondo fantastico: a questo scopo l’artista adopera principi di raggruppamento percettivo come somiglianza e buona continuazione (riuscite a vedere dove?). Dei molti modi in cui gli esseri viventi usano questi principi per ingannare altri esseri viventi si parla nella sezione 5.1 (capitolo 5, Come vediamo gli oggetti).

IMMAGINE: “Batman and Robin to the rescue”. Artista: Julian Beever. L’uomo sul cornicione è l’artista in persona.

Domande e risposte: vedere sott’acqua e sopra

DOMANDA. Cara dottoressa, vorrei chiederle come fanno gli animali che vivono sia dentro che fuori dall’acqua ad avere un visione corretta nei due ambienti? Penso alle rane, agli ippopotami, ai coccodrilli ecc. Magari sott’acqua hanno i nostri stessi problemi ma non hanno ancora inventato la maschera? Rileggendo il suo libro a pagina 22 non ho trovato risposta e mi sono incuriosito.
RISPOSTA. Rane e coccodrilli hanno una specie di “terza palpebra” trasparente che chiudono quando si immergono, ma la sua funzione è unicamente protettiva. Questo rivestimento trasparente non aiuta a vedere più nitidamente sott’acqua, come fa invece la nostra maschera da subacqueo. D’altronde, ippopotami e rane non ne hanno un gran bisogno (le rane si nutrono soprattutto di insetti, gli ippopotami sono erbivori). I coccodrilli, invece, il problema di identificare accuratamente la posizione di prede acquatiche ce l’hanno, ma l’hanno risolto evolvendo la capacità di rilevare cambiamenti nella pressione dell’acqua attorno al muso: in pratica, avvertono le vibrazioni provocate dal movimento della preda.

DOMANDA. La sua risposta riguarda soprattutto animali che per la maggior parte del tempo tengono gli occhi nel “nostro mondo”. Ma i mammiferi marini? Per loro la situazione è decisamente rovesciata. Allora dovrebbero avere degli occhi adatti al mondo sommerso. Ma allora come faranno i delfini addestrati ad essere così precisi anche nei loro movimenti nel mondo aereo? Dopo questo le prometto che sull’argomento non le chiederò altro.
RISPOSTA. I delfini riescono, in effetti, a vedere bene sia in acqua sia fuori dall’acqua, e questo grazie a due adattamenti. Primo, il loro cristallino, proprio come quello dei pesci, è una lente praticamente sferica, la cui curvatura devia la luce a sufficienza da compensare l’assenza di rifrazione della cornea in ambiente acquatico. Secondo, il cristallino del delfino ha la straordinaria proprietà di potersi spostare avanti o indietro nell’occhio, in modo da far convergere sempre la luce esattamente sulla retina. Non c’è da sorprendersi che il delfino abbia un’eccellente messa a fuoco sia sott’acqua che sopra, e noi no.

DOVE NEL LIBRO: Che cos’è il cristallino, come riusciamo a mettere a fuoco le immagini, perché sott’acqua non vediamo nitidamente, perché a una certa età diventiamo presbiti? Tutte le risposte nella sezione 2.1 (capitolo 2, Il sistema visivo).

IMMAGINE: Cane e delfino (fotografia). © Paul Riley.

Hai una domanda?

Se, leggendo il libro, ti sei imbattuto in un concetto non chiaro, oppure ti è sorta una curiosità, chiedi lumi direttamente all’autrice! Puoi fare la tua domanda cliccando sul link COMMENTS, qui sotto. Se la risposta può interessare anche altri lettori, la pubblicherò sul blog.

Punti di vista, I

I tre oggetti che lo scultore Guido Moretti mostra nella foto sono in realtà uno solo, visto da tre lati differenti. Tre osservatori posti in punti diversi vedrebbero tre oggetti diversi.
Se questo straordinario solido viene fatto girare sul piatto di un giradischi, le sue tre facce vengono rivelate in modo incontrovertibile. Eppure, anche quando sappiamo che ognuno dei tre oggetti contiene in qualche modo anche gli altri due (e ne abbiamo le prove), non ce la facciamo ad integrarli percettivamente in un solido unico. Insomma, possiamo non riuscire a vedere quello che c’è davvero anche quando abbiamo modo di ispezionare la scena da tutte le parti. Non fidiamoci troppo di quello che vediamo.

DOVE NEL LIBRO: Quand’è che il movimento ci aiuta a percepire la vera struttura tridimensionale di un oggetto, e quand’è che invece ci inganna? La risposta nella didascalia della figura 7.8 (capitolo 7, Come vediamo il movimento). La figura mostra un ritratto a 360 gradi: quello che si otterrebbe se, in un’unica immagine, si potesse raffigurare una faccia davanti, dietro e di profilo.

IMMAGINE: Cubo “Tribarra”. Questa creazione dello scultore Guido Moretti è stata utilizzata come trofeo (per il primo premio) al concorso per la migliore illusione visiva dell’anno, Sarasota, Florida, 2006. Vai al sito di Guido Moretti.

Di che colore sono i dischetti centrali?

I dischetti che formano una “x” al centro di questi quattro pannelli hanno in realtà il medesimo colore: sono tutti dello stesso identico grigio. Nel primo riquadro in alto, i dischetti grigi contrastano con lo sfondo giallo arancio su cui si trovano, acquistando una componente azzurrina (questa particolare tonalità di azzurro è il colore complementare a questa particolare tonalità di giallo arancio). Nel riquadro accanto, i dischetti grigi contrastano con lo sfondo rosso magenta su cui si trovano, acquistando una componente verde (il verde è il colore complementare al rosso magenta). Il risultato è che i dischetti nel pannello a sinistra appaiono azzurri e quelli nel pannello a destra appaiono verdi. L’illusione è ancora più forte se osservate la figura da una certa distanza.
Adesso guardate i pannelli in basso: i dischetti grigi sullo sfondo giallo arancio ora sono verdolini, e quelli sullo sfondo rosso magenta sono azzurrini! Questo significa che i dischetti grigi sono più influenzati dal colore degli altri dischetti che dal colore dello sfondo. Questa è una versione cromatica della mia “dungeon illusion” (Bressan, 2001, 2006).

DOVE NEL LIBRO: Potete trovare tante informazioni su queste e altre stupefacenti illusioni di colore, e sui vari modi in cui i colori influenzano il nostro comportamento, nel capitolo 3, Come vediamo i colori.

IMMAGINE: The dungeon illusion in color. © Paola Bressan, 2000. La figura è stata pubblicata in Bressan, P. & Kramer, P. (2008). Gating of remote effects on lightness. Journal of Vision, 8(2):16, 1-8.

Categorizzare per razza non ha alcun significato biologico

L’adattamento agli stimoli più frequenti nel nostro ambiente ha il risultato di amplificare le differenze. Proprio come in un mondo giallo un oggetto acromatico appare bluastro, in un mondo di facce sorridenti una faccia neutra apparirà corrucciata. Un mulatto sembrerà un nero in un mondo di bianchi, un bianco in un mondo di neri.
Fino a poco tempo fa si riteneva che, quando incontriamo una persona nuova, la categorizziamo automaticamente e inevitabilmente secondo tre dimensioni fondamentali: razza, sesso ed età. Il favoritismo verso il proprio gruppo, abbinato a indifferenza od ostilità nei confronti degli altri gruppi, esiste in tutte le culture. Se categorizzare per razza è un’eredità che ci trasciniamo dietro dall’età della pietra, discriminazione etnica e razzismo sarebbero così profondamente radicati nella nostra natura da essere praticamente incancellabili. Durante la nostra storia evolutiva, tuttavia, la probabilità di incontrare individui di razze diverse doveva essere straordinariamente piccola, il che rende questa conclusione poco plausibile.
Dati sperimentali recenti suggeriscono che la categorizzazione per razza sia un accidente storico, cioè il sottoprodotto reversibile di un meccanismo cognitivo che si è evoluto per identificare le alleanze e coalizioni degli individui che incontriamo. In società non perfettamente integrate dal punto di vista razziale, il colore della pelle funziona come un indicatore di alleanze sociali, esattamente come il dialetto o il modo di vestire. Ma sono sufficienti quattro minuti di esposizione a un mondo sociale alternativo in cui le coalizioni sono indipendenti dalla razza e dal sesso per far crollare la tendenza a categorizzare per razza, mentre la categorizzazione per sesso – biologicamente significativa fin dagli albori della nostra storia – rimane invariata.

Per leggere il resoconto dell’esperimento originale, vedi Kurzban, R., Tooby, J., Cosmides, L., Can race be erased? Coalitional computation and social categorization, in «Proceedings of the National Academy of Sciences», n. 98, 2001, pp. 15387-15392.

IMMAGINE: Questo volto è stato ottenuto fondendo fra loro, in eguale misura, i volti di una nota donna bianca e di una nota donna nera. Svelo chi sono le due madri nel capitolo 5, Come vediamo gli oggetti. (Elaborazione digitale e morphing: Paola Bressan.)

Gli oggetti che vediamo sono costruzioni del nostro cervello

L’espressione «costruire il mondo» può sembrare una licenza poetica, ma non lo è affatto. Quando vi guardate attorno non avete l’impressione di costruire le cose, ma di guardarle: le cose stanno lì fuori e hanno quell’aspetto, indipendentemente dal fatto che voi le guardiate o no. Ma questa sensazione è dovuta unicamente al fatto che siete esperti e veloci nel costruire. Sicuramente non avete nemmeno l’impressione di trovarvi su una palla sospesa nel vuoto che ruota alla velocità di millesettecento chilometri all’ora (all’equatore), eppure è proprio così che stanno le cose.

Che l’esperienza degli oggetti sia creata per intero dal cervello risulta forse un po’ più facile da mandar giù quando si considera quel che succede quando un ictus, o un qualche altro malanno, danneggia le aree cerebrali che si occupano del processo di costruzione. Possono accadere due cose: o il sistema non funziona più (agnosia visiva), oppure funziona troppo (sindrome di Charles Bonnet), ed è difficile decidere quale delle due sia la più tremenda. Un caso ben documentato di agnosia visiva è quello del signor S., che dopo un avvelenamento da monossido di carbonio smise di costruire, e quindi di vedere, gli oggetti. Il signor S. aveva una vista eccellente, e percepiva senza problemi linee, colori e movimenti: il problema era che non riusciva più a combinarli in modo da creare gli oggetti corrispondenti. Di conseguenza, non riusciva nemmeno a identificare i suoi familiari o il medico (anche se era in grado di descriverne i contorni e i colori), finché non cominciavano a parlare.

I costi di un iperfunzionamento del nostro apparato di costruzione degli oggetti sono esemplificati dal caso della signora B., che dopo un ictus all’emisfero destro cominciò a vedere oggetti che non c’erano, come bambini che ridevano o strade piene di traffico, in modo assolutamente realistico e completo di ogni dettaglio. Occasionalmente, l’allucinazione visiva era accompagnata da un’allucinazione tattile perfettamente sincronizzata: una volta la signora B. vide il suo cane (morto da tempo) arrivare tutto bagnato, e strofinandolo con un asciugamano ebbe la sensazione anche tattile del corpo del cane e del pelo umido. Cose che sembrano incredibili. Eppure, i meccanismi che creano bambini, autobus e cani «irreali» nel cervello della signora B. sono gli stessi che creano bambini, autobus e cani «reali» nel nostro. Se siamo tentati di ribattere che c’è una mastodontica differenza, perché la signora B. è «matta» (cioè il suo cervello funziona male) e noi no, rinviamo la contestazione a domani e dormiamoci su. Mentre sogniamo, il nostro cervello costruirà un mondo perfettamente convincente, con al centro un «noi stessi» perfettamente convincente che quel mondo vede, tocca e ascolta. La differenza principale fra questo mondo simulato e il mondo che noi consideriamo reale è che il primo comincia quando ci addormentiamo, e il secondo quando ci svegliamo. Mentre ci siamo dentro, ciascuno dei due mondi appare pienamente reale, e ciascuno contiene una rappresentazione di noi stessi dotata di corpo, mente e coscienza. Per quanto la cosa possa essere controintuitiva, i sogni e le allucinazioni rivelano che il mondo che vediamo fuori di noi è in realtà dentro di noi.

Diversamente da ciò che succede nei sogni e nelle allucinazioni, il sistema di creazione del mondo è guidato normalmente dalla stimolazione sensoriale proveniente dagli oggetti fisici, e produce pertanto normalmente oggetti percepiti che agli oggetti fisici sono in qualche modo collegati. La percezione, insomma, è un’allucinazione guidata. I cani che vediamo noi non sono meno «costruiti» dei cani che vede la signora B.; la differenza è che noi li costruiamo adoperando un maggior numero di vincoli e che i nostri simili usano gli stessi vincoli, per cui le amiche della signora B. il suo cane non lo vedono, ma il nostro sì.

DOVE NEL LIBRO: Capitolo 5, Come vediamo gli oggetti.

IMMAGINE: The Christmas wall-of-blocks (Bressan, 2006). Tutti i rombi (quattro file) sono identici e hanno lo stesso colore bianco, ma quelli della prima e della terza fila dall’alto appaiono più bianchi di quelli della seconda e della quarta. Da Bressan, P. (2006). The place of white in a world of greys: a double-anchoring theory of lightness perception. Psychological Review, 113, 526-553.

RIFERIMENTI: Gli argomenti che presento in questo post sono esposti ed elaborati nel bel libro Visual Intelligence di Donald Hoffman.

UPDATE! Oliver Sacks parla, in un inglese molto chiaro, della sindrome di Charles Bonnet: “What hallucination reveals about our minds”, TED talks, febbraio 2009 (disponibile sul sito TED da settembre 2009).

Le cornacchie nere che appaiono bianche

Questo è un angolo del mio soggiorno. Il più chiaro dei due dischi sotto la poltrona è in realtà dello stesso grigio del più scuro dei due dischi davanti alla portafinestra. Che ci crediate o no, i due dischi sotto la poltrona sono dello stesso grigio dei due dischi incollati allo specchio soprastante. Illusioni impressionanti come questa ci fanno capire che il modo in cui vediamo i grigi ha poco a che fare con il loro colore “reale”.
Supponiamo ad esempio che una cornacchia svolazzi improvvisamente di fronte ai fari accesi della vostra auto mentre attraversate, di notte, una zona di campagna. Se non vi sono altri oggetti nel cono di luce, e i fari illuminano soltanto la cornacchia, quest’ultima apparirà bianca! La luna nel cielo notturno appare bianca, o luminosa, esattamente per la stessa ragione. Chiunque abbia visto le foto scattate dagli astronauti sulla luna, o campioni di suolo lunare in un museo della scienza, sa perfettamente che la luna non è affatto bianca, ma grigio scuro.
Il mondo dei grigi è quindi molto più interessante e curioso di quanto avremmo potuto immaginare. Racconto come e perché, mostrando tante altre sorprendenti figure, nel capitolo 4, “Come vediamo i grigi”.
UPDATE! 18 maggio: vedi i “veri” colori dei sei dischi.

IMMAGINE: da Bressan, P. (2006). The place of white in a world of greys: a double-anchoring theory of lightness perception. Psychological Review, 113, 526-553.

Le cose non sempre sono quelle che sembrano

cube by R. Beau Lotto

La mattonella arancione al centro della faccia frontale del cubo ha in realtà lo stesso colore della mattonella marrone al centro della faccia superiore. Potete controllarlo importando la figura in Photoshop; oppure sovrapponendoci un pezzo di carta, con due finestrelle ritagliate in corrispondenza delle due mattonelle.

Se siete arrivati a questa pagina web, vuol dire che siete curiosi. Se questa figura vi incuriosisce ulteriormente, forse troverete interessante il libro “Il colore della luna. Come vediamo e perché”. Potete leggerne alcune pagine qui.

A che cosa serve il blog? A chi ha letto il libro: a lasciare commenti, chiedere chiarimenti o approfondimenti, leggere notizie collegate agli argomenti trattati. A chi l’ha letto e a chi non l’ha letto: a guardare delle belle figure e imparare cose nuove su come vediamo (e perché). Anche, e soprattutto, se non vi era mai passato per la testa di farvi una domanda così ridicola.

DOVE NEL LIBRO: Capitolo 3, Come vediamo i colori.

IMMAGINE: copyright R. Beau Lotto.

Leggi alcune pagine del libro


QUESTO LIBRO È RIVOLTO A CHI PROVA INTERESSE PER LA SCIENZA, PER LA TEORIA DELL’EVOLUZIONE E PER LA PSICOLOGIA; E A TUTTI COLORO CHE SONO CURIOSI DI CAPIRE COME VEDIAMO E PERCHÉ, ANCHE SE NON SE LO ERANO MAI CHIESTI PRIMA D’ORA.


La bellezza sta negli occhi di chi guarda. Quello che non tutti sanno è che negli occhi (o per meglio dire nel cervello) di chi guarda stanno non solo bellezza e poesia, ma anche qualità ben più concrete delle cose che ci attorniano: grandezza e forma, colore, posizione, movimento. La realtà che vediamo è, per intero, una costruzione del nostro cervello.

Questo libro racconta di come costruiamo il mondo, e del perché lo costruiamo così. Fra una pagina e l’altra, fatti quotidiani che credevamo banali si riveleranno per quello che sono, cioè problemi scientifici. Capiremo perché il mondo non si muove quando muoviamo gli occhi, perché nei film le ruote delle diligenze sembrano ruotare all’indietro e perché il nostro cane non si interessa ai programmi televisivi; perché la frutta acerba è dello stesso colore delle foglie e perché a sei mesi di età eravamo molto più bravi a distinguere fra loro le facce delle scimmie di quanto non lo siamo ora; e perché la luna ci sembra bianca, o perfino luminosa, pur essendo grigio scuro.

Clicca sulle immagini per ingrandirle.


DAL CAPITOLO 2, IL SISTEMA VISIVO.


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DAL CAPITOLO 5, COME VEDIAMO GLI OGGETTI.


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DAL CAPITOLO 7, COME VEDIAMO IL MOVIMENTO.


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DAL CAPITOLO 3, COME VEDIAMO I COLORI.


Commenti dei lettori

Ho pubblicato questo libro con LATERZA (2007). Se lo hai letto lasciami un commento! Puoi vedere anche i commenti che hanno lasciato altri lettori.
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